ROBERTO DAOLIO, apertura del testo in catalogo della collettiva "3° Laboratorio” alla galleria S. Fedele di Milano, 1990

“Giunge più che mai opportuna, quest'anno, la manifestazione che il centro culturale San Fedele dedica alle Accademie di Belle Arti. Visto l'attuale e perdurante stato di agitazione degli studenti e di gran parte del corpo docente per l'ormai insopportabile stato di precarietà, di anacronismo e di ambiguità, in cui versano da decenni queste storiche istituzioni. L'urgenza e la necessità di una riforma non dovrebbero e non potrebbero più essere rimandate se solo si pensasse realmente (e non a parole) all'approssimarsi di scadenze inderogabili come l'ingombrante "1992" o il più "mitico" e simbolico avvento dell'anno 2000. Ciò nonostante, nel rendere conto di questa mostre di studenti e di diplomati" dell'Accademia di Bologna, non posso fare a meno di rilevare come la qualità e l'intensità delle idee e delle "cose" dell'arte qui espresse non possono e non potranno mai sottostare o soggiacere all'ottusità di chi regola e scandisce l'esistente in modo serio e cieco.
In perfetta sintonia con i tempi, quasi a sottolineare la caduta e il frantumarsi di molte certezze e di altrettante classificazioni, modelli e programmi, i giovani artisti invitati, ciascuno a suo modo (e non potrebbe essere diversamente), dimostrano come e nonostante tutto sia possibile avvantaggiarsi e trame profitto dalle pieghe di una situazione di crisi, trasformata di fatto in "status". E in questo modo che le individualità di caratterizzano e convivono ben oltre i limiti caparbi di una separazione o di una specializzazione. Pittura, scultura, installazione, fotografia, disegno e nuove tecnologie ricreano differenze all'interno di un continuo rapporto di relazioni e di riflessioni sul trasformismo e sulla mutevolezza del reale. Se non è facile distinguere una linea di lavoro o un tratto dominante di ricerca, immediatamente affidabile ad esempi e ad accadimenti già registrati, è perché è mutato l'atteggiamento e il modo di procedere. Il disincanto e la consapevolezza di una marginalità nei confronti dell'universo produttivo, valutato come sistema compatto e monolitico, consente e favorisce la rielaborazione di attitudini coltivate e "disperse" nel tempo stesso. Una condizione disorganica e frantumata si pone come passaggio al riconoscimento della complessità dei saperi (e, del sapere artistico) nella simultanea conservazione di un rituale debole ma non ancora sostituito. La maggior parte di questi lavori appare inevitabilmente tesa a codificare, nelle differenze e nei tratti distintivi dell'entità materiale scelta, una sorte di identità transculturale. Dove la pittura stessa, nelle varianti qualitative o stilistiche di un impegno espressivo consumato, alimenta uno sradicamento di sensibilità e di ideazione nei confronti del "passato-presente"

… Mentre l'azione modulare di un rapporto tra superficie dipinta e frammento-sostegno di un materiale "altro" affida ad Adriano Nardi il rigore modulato di una anatomia del segno, da cadenzare secondo ripartizioni precise e numericamente preordinate…

(artisti: Gianfranco Beghi, Francesco Bernardi, Pierpaolo Campanini, Nadia Filippini, Vasco Geminiani, Roberto Mainardi, Eva Marisaldi, Adriano Nardi, Alessandro Pessoli, Leonardo Pivi)
 

 

 

Adriano Nardi, APNEA, 1989-90, coppie di pellicole positive fotografiche da azione performatica, sovrapposte specularmente, telai serigrafici.

 

 

Adriano Nardi, APNEA, 1989-90, coppie di pellicole positive fotografiche da azione performatica, sovrapposte specularmente, telai serigrafici.

 

 

ROBERTO DAOLIO, testo catalogo collettiva, Centro culturale Edison, Parma, 1991
 
 “In un'altra occasione, a proposito di alcuni artisti presenti in questa mostra, ho avuto modo di parlare di "pelle" e di "cuore". In un certo senso di interno e di esterno, di qualità sensibili estese e allargate a comprendere dimensioni sempre più sfumate, ma non per questo distanti lontane da un sentimento di partecipazione completo. O, quantomeno, dotato di tensioni attive nel confrontarsi con la contradditoria dinamica "ipercontemporanea" degli eventi dell'arte. Tutto ciò non tanto per continuare ad evocare giustificazioni e garanzie di "lateralità", quanto piuttosto per mirare nuovamente al centro (al cuore) attraverso superfici periferiche e di contatto mediato. Tale percorso si avvale e si serve di direttrici e di indicazioni multiple variegate. Non insiste su di un unico schema preordinato o sui solchi tracciati da passaggi precedenti. Per questo le difficoltà esplorative possono essere confuse con variazioni di ordine tematico o, ancora, con riflessi di perifrasi con iterazioni di procedure in ritardato e misconosciuto esaurimento. Le funzioni e i passaggi paralleli degli artisti inglobati in questa tappa di percorso, si avvicinano a modificare un'attitudine di corrispondenze al di fuori di qualsiasi emblema o spirito di gruppo. Rimane vigile e costante un'attenzione estrema ad istituire ugualmente uno scarto nella produzione di immagini, di oggetti o di eventi nei confronti della "rappresentazione" e dell'artificio "reale". L'equilibrio, le relazioni tra le parti, tra il pieno e il vuoto, tra i rapporti di superficie con spessore cromatico e l'ordine geometrico codificato in strutture apparentemente arcaiche di Germano Attolini, ridisegnano le qualità dei materiali classici (come il legno) nella ambivalenza di un'oggettività seriale ma non standardizzata. L'immersione in un'aperta circolazione dei segni plastici evocanti un forte senso pittorico, si trova a definire una spazialità contratta e modulata nell'alternanza delle scansioni e dei ritmi quasi indistinti e mimetici. L'organizzazione delle immagini codificate dal linguaggio, dall'abitudine percettiva e dell'omologazione orizzontale di ciò che rappresenta la diffusa esteticità pubblicitaria o il concentrato narrativo di una pulsione sentimentale del "bello" patinato e levigato, trova nella riproduzione - della - riproduzione di Francesco Bernardi un precipitato oggettuale (in alternanza tra hard e soft) dell'originalità non soggettiva a cui dare corpo e dimensione "critica". Per presentare simultaneamente il vero e il falso di una appropriazione "immateriale" e al tempo stesso tangibile e plasmabile. Se la realizzazione di formule e di impianti di gioco dalla necessità interattiva svolge ormai unasorta di funzione sostitutiva del reale, Nadia Filippini reinventa in alternativa simbolica un linguaggio di segni e di ideogrammi mobili, frementi e pulsanti a sorpresa, per un percorso di figure intrecciato con le regole libere di una fantasia leggera e aerea come un ectoplasma. Modularità e disegno spaziale delimitano e circoscrivano un campo d'azione di elementi cellulari dalla meccanica e dalla sonorità inquietanti. Un certo "ordine" delle cose, intese nella serialità della produzione industriale e nella forzata standardizzazione numerica, riflette una perdita di senso globale della funzione e degli oggetti al difuori del loro uso specifico. Eva Marisaldi riapre la catena dei rimandi significativi direzionando la logica seriale nella rarefatta dimensione di un possibile "decoro" isolato dalla esclusiva dimensione linguistica. Il "nuovo" ordine degli oggetti più anonimi si ricompone in strutture visive e plastiche che rivelano l'adesione ad un progetto forte e sempre più definito.

Nel riaffermare una volontà esclusivamente pittorica Adriano Nardi sollecita e propone una disposizione simbolica dei rapporti di superficie. Dove l'immagine si frantuma e si organizza nella spazialità concentrata dei settori e dove la suddivisione risponde ad esigenze numericamente preordinate. La valenza epifanica del numero da la possibilità di condensare e di infrangere le qualità fenomeniche delle forme e dei colori. Duplicazionie moltiplicazioni innestano un processo di spazialità dilatata in senso temporale e immergono l'immagine nella "profondità" della superficie.

Lo sconfinamento di luogo e i passaggi continui da una dimensione all'altra di Alessandro Pessoli sottintendono l'urgenza di un attraversamento dell'esperienza. E, al al tempo stesso, di una dinamica espressiva non vincolata ad un esclusivo concetto operativo. I disegni "riprodotti" e conservati nell'integrità di una doppia esposizione e gli oggetti assunti al massimo grado di concentrazione e di esplosione simbolica e pragmatica, riflettono una forma di radicale partecipazione all'analisi critica della realtà. Un'altra pratica operativa, in equilibrio tra la rappresentazione di un universo iper-naturale filtrato da un'abile "grafia" pittorica e la dimensione esoterica di un microcosmo inquieto da plasmare e da scavare con perizia chirurgica, definisce la determinazione di Leonardo Pivi. A superare dall'interno le dimensioni più contrastate di un rapporto con il modo in chiave di memoria ancestrale e di spiritualità "fisicizzata".”

(artisti: Germano Attolini, Francesco Bernardi, Nadia Filippini, Eva Marisaldi, Adriano Nardi, Alessandro Pessoli, Leonardo Pivi)

 

 

Adriano Nardi, ECOTOPIA, 1991, olio e acrilico su carta su legno e intelata e tele, frammenti di stampa fotografica.

 

 

Adriano Nardi, ECOTOPIA E PRIMAVERA, 1991, olio e acrilico su carta intelata, frammenti di stampa fotografica, telaio serigrafico.

 

 

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